Cazzago San Martino (Brescia) – È stata una delle Dakar più dure di sempre quella conclusasi il 17 Gennaio a Shubaytah, località a sud-est dell’Arabia Saudita, al confine con gli Emirati Arabi Uniti, dopo 12 tappe offroad. La 47^ edizione del rally, la sesta disputata in territorio saudita, ha visto al traguardo 175 veicoli (77 moto, 40 Ultimate, 1 Stock, 21 Challenger, 23 SSV e 13 camion) dopo 7.453 km (FIM) e 7.828 km (FIA) del tracciato. Piste rocciose, sterrati, sabbia e dune dell’Empty Quarter hanno messo alla prova tutti gli equipaggi in gara, impegnati per quasi due settimane ad affrontare ostacoli naturali e prove quotidiane di resistenza e resilienza.
Nonostante a poche giornate dall’arrivo a Shubaytah il MAN Tga dell’Eagle Racing Team abbia dovuto abbandonare in anticipo il terreno di gara (come previsto dal regolamento per chi esce dalla prova speciale per proseguire su asfalto nel caso di guasto meccanico), l’esperienza sui percorsi del rally più estremo al mondo è stata decisamente positiva per il team di Paolo Calabria.
“Partiamo dalla fine di quest’avvincente avventura che è da sempre non solo una sfida meccanica ma anche umana. La rottura dell’albero di trasmissione posteriore del MAN, nella speciale da Al Duwadimi a Riyadh, ci ha purtroppo costretti ad abbandonare in anticipo il sogno di tagliare il traguardo di quest’edizione, come avremmo invece voluto fare -racconta Paolo Calabria, in cabina assieme agli amici e compagni di squadra Giuseppe Fortuna (navigatore) e Loris Calubini (meccanico)- Raggiungendo il bivacco su asfalto siamo stati esclusi dalla possibilità di ripartire nella manche successiva, come da regolamento. Inutile dire che ci è dispiaciuto molto perché, come per la maggior parte di chi partecipa a questa competizione, soprattutto da privato, completare il percorso e ricevere la medaglia di finisher, indipendentemente dal risultato in classifica, è un successo. Anzi, il successo. Vuol dire avercela fatta. Un po' di rammarico rimane ma allo stesso tempo c’è la consapevolezza di aver fatto del nostro meglio e di aver consolidato ancora di più l’affiatamento come equipaggio”.
Che, per tipologia di tracciati, sia stata un’edizione al limite dell’impossibile lo si capisce dagli oltre cento equipaggi che l’arrivo di Shubaytah non lo hanno raggiunto confermando comunque, se ancora ce ne fosse bisogno, che la Dakar è il rally per eccellenza: il solo parteciparvi è già da considerarsi una vittoria. “Quella di quest’anno è stata davvero un’edizione massacrante, sia per i mezzi che per le persone. Con i tempi massimi imposti da rispettare per terminare le tappe e non uscire dalla classifica bisogna per forza andare più veloci ed è inevitabile che i mezzi possano riportare più danni meccanici -prosegue Paolo- I regolamenti di gara sono cambiati rispetto ad anni fa: essendo diventata, nelle ultime edizioni, tappa del campionato mondiale, la Dakar impone regole ben precise ai partecipanti, fra cui tempi limite nei quali completare le singole manche. Per mantenere questi ritmi è necessario andare più forte aumentando le probabilità di rotture. Quest’anno i primi giorni abbiamo percorso centinaia di chilometri su pietraie impossibili, con gradini enormi da scavalcare e ogni altro dislivello da affrontare. La difficoltà di base rimane uguale per tutti i partecipanti, professionisti e privati, ma i grandi team con decine di meccanici e budget decisamente consistenti partono avvantaggiati in termini di assistenza e performance dei mezzi”.
Problemi di gioventù a parte, il MAN Tga T5.1 preparato nelle officine della CMC Industries Group di Cazzago San Martino si è comportato bene dimostrando di avere un bel potenziale per affrontare anche i terreni più impervi. “Nonostante le noie meccaniche riportate, e che fra l’altro avevamo messo in conto essendo un mezzo praticamente nuovo, siamo molto soddisfatti di come è andato il camion, anche in virtù del fatto di averlo progettato e autocostruito. L’anno scorso lo abbiamo testato in un rally in Tunisia e al rientro siamo intervenuti su alcune componenti che necessitavano di migliorie. La Dakar è stata senz’ombra di dubbio la prova del 9 -conclude Paolo- Quando i mezzi rientreranno in Europa dall’Arabia Saudita, indicativamente a metà febbraio, faremo sicuramente altri interventi andando a rinforzare, ad esempio, quelle parti che hanno patito maggiormente le forti sollecitazioni del tracciato sconnesso. Il problema non sono le dune, dove anzi ci siamo divertiti molto riuscendo a superare anche altri concorrenti in gara, ma le pietraie con rocce, gradini e salti su cui, complice anche la velocità, la meccanica si logora maggiormente. Detto questo, ora il primo obiettivo è rimettere in sesto il camion. Più avanti valuteremo i programmi futuri. La Dakar è comunque un’esperienza unica, emozionante, dove le amicizie vere si rinforzano ancora di più. Una sfida imprevedibile, con mille imprevisti da affrontare e risolvere il più velocemente possibile ma con paesaggi e panorami incredibili a fare da scenario: solo chi la vive e vede con i propri occhi può capire”.
L’Eagle Racing Team ringrazia sponsor, aziende, amici e tutti quanti hanno reso possibile, a vario titolo, costruzione e allestimento del MAN e la partecipazione alla Dakar 2025.
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